DECALOGO E VADEMECUM DEL VOLONTARIO AVO

DECALOGO

 1) Stabilisce con il coordinatore l'orario e il giorno di turno. Si fa presente che l'orario di servizio è stato stabilito dall'amministrazione dell'ospedale d'accordo col direttivo dell'AVO: non è possibili andare quando fa comodo. Scelto il turno, bisogna sempre avvisare se si vuol cambiarlo o se ci si assenta per qualche tempo. Così come non è opportuno girare nei reparti diversi da quello assegnato o chiedere favori sfruttando il fatto dell'appartenenza all' AVO.

2) In servizio, il Volontario porterà il proprio camice bianco sempre in ordine, con il distintivo. E' assolutamente indispensabile attenersi ad alcune semplici, ma importanti norme igieniche: non sedersi o appoggiare effetti personali sui letti e lavarsi accuratamente le mani con acqua e sapone prima ed al termine del servizio. Non lasciare in ospedale il camice. 

3) Con i sindacati o delegati di reparto ci si è accordati sui ruoli dell'AVO: il volontario non sostituisce il personale, men che meno durante eventuali scioperi, perché non ha né la competenza, né la professionalità, né la copertura assicurativa in caso di danno. Sull'operato delle persone che lavorano in corsia (medici, capo sala, infermiere) non si hanno sufficienti conoscenze della situazione per permettersi il lusso di criticare. Se qualche cosa non va, lo si faccia presente al coordinatore.  

4) Lo spazio riservato all'AVO è lo spazio che in genere l'Ammalato spedalizzato non ha: una persona con cui parlare, cui raccontare i propri crucci, la propria angoscia, i propri timori; una persona calma, serena, senza fretta, che non porta dipinte sul volto le proprie preoccupazioni, che non ostenta gioielli, vestiti, trucco appariscenti, che parla poco e mai sguaiatamente, che non è curiosa e sa tenere segrete notizie e confidenze avute. Insomma: una persona piacente e simpatica ma rispettosa del dolore altrui. 

5) Il Volontario non conosce (né deve indagare) sulla malattia di cui il paziente è affetto. 



6) Bisogna sempre rispettare profondamente la personalità dell'Ammalato e cercare di indovinare i suoi desideri. Non esistono formule precise. Sarà però opportuno non cominciale mai discorsi che possono essere inopportuni per le convinzioni politiche o religiose dei degenti. "Ascoltare attentamente" permetterà di avviare un dialogo sereno e confortante. 

 7) Nessun Ammalato deve sentirsi escluso dall'attenzione e dalle cure del volontario. Quindi nessuna preferenza: un saluto e un sorriso per tutti, un aiuto ai veramente impediti, un incoraggiamento ai depressi, una compagnia per i soli, senza dare consigli che spettano al medico o fare servizi (mettere padelle o cuscini o far camminare ammalati, ecc.) senza l'autorizzazione del personale  

8) Allora è chiaro che si va in ospedale non per riempire il proprio tempo libero, bensì per metterlo al servizio di persone in stato di bisogno.

9) Dopo aver chiarito qual è il nostro ruolo, va sottolineata ancora la gratuità del servizio. Gratuità non solo sul piano economico, ma anche sul piano delle gratificazioni. Difficilmente il Volontario si sente dire "grazie": i degenti apprezzano molto ciò che fa, ma non sempre riescono ad esternare la loro riconoscenza. Al volontario deve bastare la coscienza del servizio reso affinché il malato non si senta "numero" della complessa macchina ospedaliera, ma ancora una "persona" con tutta la sua problematica e con la possibilità di dire quello che nessuno in ospedale può o vuole ascoltare da lui. 

10) E da ultimo il Volontario dovrà avere tanta umiltà nel riconoscere la necessità di aver sempre bisogno di stimolo e di aggiornamento per poter continuare in questo servizio tanto bello, ma tanto difficile. Mettere in comune esperienze, soddisfazioni, fallimenti, osservazioni, proposte, è utile all'Associazione e ad ogni volontario. E' quindi un dovere partecipare alle riunioni di gruppo ed alle iniziative di aggiornamento promosse dell'Associazione.   

SI PREGA DI LEGGERLO CON ATTENZIONE

VADEMECUM 

Testo rielaborato riportando anche parti integrali del "Vademecum del volontario" di P. Arnaldo Pangrazzi

Ricordiamo che in ospedale il Volontario non agisce mai autonomamente, ma rappresenta sempre l'Associazione, il cui prestigio e la cui credibilità dipendono da ciascuno di noi. Il rispetto verso l'ammalato e la sua sofferenza richiedono accortezza e delicatezza pertanto il Volontario deve:

1 ) Presentarsi e chiedere il nome del malato, per personalizzare l'incontro. 

2) Rispettare il bisogno di privacy, quando lo manifesta, ma sapersi addentrare con discrezione e gentilezza nel suo vissuto ed emozioni, quando prende l'iniziativa di parlarne. 

3) Coltivare l'arte dell'osservazione, cogliendo spunti verbali e non verbali, al fine di comprendere meglio la persona e il suo mondo interiore. 

4) Lasciare che sia il malato a condurre il dialogo e a decidere il modo in cui intende rivelarsi, senza bersagliarlo di domande e dirigere lo scambio. 

5) Saper distinguere i propri bisogni da quelli dell'aiutato e lasciare che il proprio approccio relazionale sia illuminato da questa consapevolezza. 

6) Condividere la propria esperienza di sofferenza solo quando questa è in sintonia con il vissuto del malato e lo può aiutare, altrimenti esimerlo dal farlo. 

7) Promuovere una visione olistica della salute, senza confinare l'attenzione alla sfera fisica. 

8) Educarsi ad accompagnare i sentimenti dell'altro senza negarli, banalizzarli o minimizzarli, consapevoli che richiedono accoglienza e comprensione per essere elaborati adeguatamente. 

9) Frenare la tendenza a dare facili consigli o a proporre rapide soluzioni ai problemi, favorendo che atteggiamenti costruttivi maturino attraverso un dialogo facilitante e introspettivo con il malato. 

10) Vigilare per non fare domande inutili o inappropriate tese a soddisfare la propria curiosità, e non cambiare argomento ogni qualvolta ci si sente a disagio con quanto emerso sapendo valorizzare la tensione quale momento di crescita per un ascolto più profondo. 

11) Evitare di assumere toni moralistici e predicatori, ma adoperarsi per fare emergere il senso di responsabilità e maturità dell'interlocutore. 

12) Dare appropriate informazioni al malato o ai familiari, soprattutto quando queste alleviano l'ansietà e riducono il senso ) di paura e smarrimento.


13) Incoraggiare la comunicazione con il medico e il personale di assistenza dinanzi a domande o richieste che non sono di propria competenza.

14) Sviluppare capacità introspettive non solo nel capire le ferite e le difficoltà del malato, ma nel riconoscerne le risorse (fisiche – psicologiche – intellettive – sociali e spirituali) e saper mobilitarle, a servizio della salute e della speranza.

15) Imparare a convivere con il silenzio e con la propria impotenza, soprattutto in quelle circostanze in cui il rammarico o lo sfogo degli interlocutori, alla luce di diagnosi ricevute o di perdite, richiedesse vicinanza, silenzio solidale e rispetto.

16) Comunicare attraverso la gestualità (un sorriso, una stretta di mano, una carezza, un abbraccio), in modo particolare nei confronti di chi è triste ed ha bisogno di affetto.

17) Ricordarsi che un modo delicato di relazionarsi con un degente può influenzare positivamente anche altri presenti, che osservano e ascoltano, soprattutto lì dove le condizioni ambientali non favorissero la desiderata privacy nei colloqui.

18) Non correre a difendere Dio quando il malato amareggiato pare metterlo sul banco degli imputati. Dio è abbastanza grande per difendersi da solo ed ha più bisogno di collaboratori che ascoltino il grido delle sue creature ferite, che non di avvocati che lo difendano.

19) Non fare ricorso a frasi fatte o a stereotipi ("È la volontà di Dio", "Tutto andrà per il meglio", "Prega se vuoi guarire") che invece di consolare possono turbare e ferire.

20) Essere aperti al dialogo su temi difficili, quando il malato desidera parlarne, ma saper rispettare anche chi sceglie di negare la verità o la gravità della sua condizione.

21) Cogliere le occasioni per la riflessione, la catechesi, l'evangelizzazione e i sacramenti valorizzando ciò che traspare dal dialogo, ma senza forzare la natura dei momenti spirituali.

22) Fare leva sulla preghiera o su altre risorse religiose quando il malato ne fa richiesta o emergono indicazioni favorevoli in questo senso.

23) Mantenere le visite brevi, quando le circostanze o le condizioni dell'interlocutore lo suggeriscono; in caso di dubbio – se il soffermarsi sia di conforto o meno – interpellare l'interessato.

24) Essere consapevoli che il proprio compito non è di risolvere i problemi delle persone, ma di farsi compagni nel cammino 


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